18 settembre 2020

Jazzabilly Lovers su MUSICA JAZZ

Intervista di Alceste Ayroldi 

In occasione del concerto al BLUE NOTE di Milano




John, parliamo del tuo ultimo progetto Jazzabilly Lovers: 

in cosa consiste?

É un po’ come dire Jazz’n’Roll o Rock and Rollins. Inizialmente l’idea era di prendere le canzoni di Elvis Presley e degli Stray Cats e considerali come Standard, viceversa interpretare Sinatra o Coltrane con gli stilemi e i suoni propri del Rockabilly. Ma allo stato attuale in concerto succede di tutto.

Con questo tuo nuovo progetto hai voluto inviare un messaggio agli irriducibili del jazz, quelli che ritengono che questa musica debba avere una sola via di uscita?

Figuriamoci no, non c’è nessun messaggio sottinteso. Fondamentalmente l’idea motore -condivisa con il resto della band- è quella di volersi divertire. A ogni modo, come ogni volta, alcune tue domande impongono argomentazioni. Sono convinto che la Musica sia decisamente distinta in generi (e funzionalità ribadisco sempre) ma di fatto per me, le differenze possibili si riassumono in due direzioni: la musica bella e quella brutta. La prima è creativa, fantasiosa e viva di personalità, l’altra è retorica, ritrita e piaciona. 

É il mio pensiero, al di là dei generi tutti, delle abilità tecniche, delle difficoltà compositive, della mia appartenenza viscerale a una certa musica o di una personale simpatia verso questo o quell’artista. Detto questo, non sto asserendo che la musica che propongo io sia quella bella, diciamo che quelli di cui sopra sono i miei parametri da ascoltatore e gli intenti da musicista. Di sicuro, quegli irriducibili cui ti riferisci nella domanda, in generale non sono reali appassionati di jazz. Sono appassionati della loro idea di jazz, che solitamente fa riferimento al be bop e allo swing. Si tratta di puristi melomani adoratori di un solo dio. In ogni caso siamo in democrazia e oltretutto quella musica piace anche  me.


Il discorso è sempre lo stesso: che cosa si intende per Jazz?

Per me s’intende quella musica che continua a codificare modalità improvvisative e compositive, uno stile che si rifà sicuramente agli standard e ai linguaggi della tradizione ma che si nutre di tutte le musiche esistenti e senza preconcetti. Come pressapoco diceva il mio amico Fabrizio Puglisi «il Jazz è per definizione una musica in fieri». 


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