21 novembre 2017

SENTO DOPPIO > La Recensione di STEFANO ZENNI

Giovedì 23 novembre, alle ore 18:00 
presso La Feltrinelli di via Ravegnana a Bologna

il critico e musicologo Stefano Zenni 
presenta il nuovo album di John De Leo e Fabrizio Puglisi 



La sfida del duo è una delle più ardue e affascinanti del jazz. Le necessità ritmiche, il timore del vuoto sonoro, l’interazione messa a nudo, sono alcuni dei rischi calcolati che i due giocatori mettono in campo nel disegnare il discorso musicale. La sfida diventa ancora più affascinante se a condurla è la voce di John De Leo, figura chiave della musica italiana contemporanea, e oggi solista votato a sperimentare le infinite possibilità di una voce che può assumere contorni e colori nuovi che giungono dai mondi musicali più diversi. Da tempo De Leo incrocia le sue evocazioni con lo stile non meno eccentrico di Fabrizio Puglisi, che sa aprire squarci e abissi tra le maglie fitte del suo pianismo, capace anch’esso di piegarsi a colori inusuali con l’uso di oggetti e preparazioni varie nello strumento. Questo duo brilla come una delle realtà più sorprendenti e inclassificabili del jazz italiano, che punta a mettere in crisi qualche certezza matematica: 1+1 non sempre fa due ma produce qualcosa di più.   




Strumento organico, strumento meccanico: la voce e il pianoforte. In genere la voce domina - con la sua varietà di intonazione, colore, flessibilità. - e il pianoforte accompagna - solido, armonico, stimolo e tappeto al tempo stesso. Nel duo di John De Leo e Fabrizio Puglisi questa modalità classica di incontro affiora qui e lì ma non è mai la regola: anzi, essa suona come una delle tante possibilità di incontro/scontro/dialogo tra i due strumenti. La voce di De Leo - tenera, disperata, catastrofica, minacciosa, sperduta, sinfonica - gioca come il gatto con il topo con il pianoforte di Puglisi - ludico, enigmatico, scontroso, risoluto, centrifugo. Nessuno dei due si adagia sul ruolo consolidato che la tradizione gli consegna, e la danza reciproca, alla pari, tra i due "strumenti", assume le movenze del teatro, della messa in scena, di una drammaturgia guidata dalle composizioni originali, dagli spigoli di Monk, dal lirismo di Coltrane, dall'estro dell'improvvisazione. Lo humour e il dramma di questa musica sorgono dal bisogno di De Leo e Puglisi di superare i limiti del proprio mondo, per incontrare l'altro: slanci, capitomboli e abbracci sono la trama e il senso di questo nuovo racconto espressivoStefano Zenni